sabato 26 marzo 2016

I 23 PER EURO 2016: STORIA DELLE CONVOCAZIONI AZZURRE NEL XXI SECOLO - POLONIA/UCRAINA 2012




Settimo appuntamento con la storia delle convocazioni della nazionale italiana in questo secolo a cura di Rado Il Figo.




Qualificazioni

Scenario

Il CT Lippi e il capitano Cannavaro, simboli dell’ultima spedizione azzurra, non si nascondono assumendosi le proprie responsabilità del crollo e valutando negativamente quanto combinato, tuttavia sono dichiarazioni autoassolutorie. Lippi si congeda com’era partito per il Sudafrica, sostenendo di “non aver lasciato a casa fenomeni”, spalleggiato da Cannavaro all’insegna del “dopo di noi, il diluvio”: il poco o nulla raccolto è comunque il massimo possibile da quant’offerto in Italia. Per un pelo non sono clamorosamente smentiti fin dall’immediatamente successivo Euro2012, comunque terminato positivamente, salvo il fragoroso cedimento (in) finale.

Prandelli deve ricostruire dalle macerie e unanimemente non si esita a definire “miracoloso” anche solo staccare il biglietto per la Polonia e l’Ucraina, dimenticandosi che Lippi si era comunque conquistato sul campo il diritto di difendere il titolo mondiale. Per superare l’improbo compito, la FIGC detta le linee guida: si volti pagina (solo metà dei giocatori complessivamente impiegati per il 2010 è richiamata, chi più chi meno, da Prandelli) e nessuna remora (ma ve n’erano?) a convocare chi abbia genitori stranieri, pallida foglio di fico cui nascondere dietro ai Balotelli ed El Shaarawy, il ritorno in auge di oriundi e naturalizzati (dopo l’ora accantonato Camoranesi). Purtroppo se i più rappresentativi di questi si rivelano in concreto Thiago Motta e Osvaldo, avendo dato spazio pure ad Amauri e Paletta, si deve concludere che se l’Italia “pura” produce poco, la qualità latita anche nei “surrogati” raccattati.

Con tutti i timori descritti, si affronta il Gruppo C eliminatorio perdendone di vista il reale peso: l’Italia, testa di serie, vi affronta Serbia, Irlanda del Nord, Slovenia, Estonia e Fær Øer, con qualificazione per le prime, la miglior seconda e le vincenti degli spareggi fra le restanti 8. A essere oggettivi, i pericoli si vedono solo dai serbi, se non cadono vittime della tradizionale tendenza a sprecare il proprio talento ovvero distratti da faccende più tragiche.

Sul campo le nuvole nere si diradano nell’intervallo dell’esordio in Estonia, al quale si arriva sotto 1-0: da quel momento, infatti, l’Italia parte in quarta, spedita e sicura, una squadra che (si) diverte inanellando risultati su risultati. Tolto il primo tempo baltico, gli unici grattacapi arrivano nell’andata a Genova contro la Serbia, ma attengono gli aspetti extra sportivi: la gara s’interrompe definitivamente al 6’ per le intemperanze dei tifosi ospiti, che costano alla loro nazionale il 3-0 a tavolino, fatale per le aspirazioni di qualificazione. L’Italia conquista il pass addirittura con due partite d’anticipo, stritolando ogni resistenza: a sorpresa, gli spareggi sono centrati dall’Estonia, che approfitta pienamente dei vari problemi delle due ex iugoslave. Capocannoniere e fra i grandi protagonisti proprio quel Cassano che Lippi e Cannavaro avevano elevato ad esempio di “non fenomeno” incapace di fare la differenza.

Quadro sinottico


Confermati i limiti massimi nelle liste di gara, se ne introduce uno sulla numerazione, potendo utilizzare solo le cifre dall’1 al 23. Prandelli impiega 41 giocatori, appena sotto il picco di 43 toccato da Donadoni (con due gare in più), comunque sempre poco distante dalla moda di 39. Il sempre presente è Chiellini, mentre Cassano, l’altro 10 su 10 titolare, solo in 3 circostanze non è sostituito. Il colmo della sfortuna tocca a Lazzari: la sua unica presenza in lista è nella gara più corta della storia azzurra, i ricordati 6 minuti di Italia-Serbia, riportata ugualmente nel quadro sinottico come disputata, facendo valere di fatto le sole scelte iniziali del CT.

La lista “teorica” dei 23 è la seguente:
P (3): Buffon, Viviano, Sirigu
D (7): Chiellini, Bonucci, Cassani, Balzaretti, Maggio, Criscito, Ranocchia
C (9): Pirlo, Montolivo, De Rossi, Marchisio, Aquilani, Nocerino, Palombo, Mauri, Thiago Motta
A (4): Cassano, Rossi Giuseppe, Pazzini, Gilardino.

Sono evidenti i due sbilanciamenti: tanti nomi a centrocampo, dove vi sono i maggiori problemi di scelta (non a caso vi compare l’oriundo Thiago Motta), pochissimi in attacco, appena 4, con Prandelli partito col tridente per poi attestarsi alle due punte, e Gilardino solo 1 volta impiegato attivamente (!). Il reparto avanzato sembra, perciò, già bell’e convocato, invece solo Cassano appare nella lista definitiva.

Oltre a infortuni (Rossi) e scelte tecniche (Pazzini e Gilardino), qui entra in scena un aspetto deleterio della gestione Prandelli: l’inspiegabile paura di sbagliare, quel timore immotivato per cui non può andare tutto bene fino alla fine, che porta a rinnegare quanto di buono fatto finora. Un’ansia da (grande) palcoscenico dove le certezze improvvisamente si tramutano in dubbi; prova ne sia il primato di “aranci” chiamati, ben 6 (Abate, Borini, Di Natale, Diamanti, Giaccherini, Ogbonna), e di “verdi”, che toccano la doppia cifra (10), al lordo del peso di (altri) infortuni (Aquilani e Viviano) e di un secondo lato negativo del CT (ma non esclusivamente suo) qui appena affiorato: una punta d’ipocrisia. Prandelli rispolvera il “codice etico” di mataressiana memoria, salvo poi applicarlo a intermittenza, suscitando le inevitabili polemiche: Bonucci e Criscito sono egualmente (non) coinvolti nell’ennesimo scandalo scommesse ma solo il secondo resta a casa, facendo meno rumore colpire un giocatore dello Zenit che non uno della Juventus.

In conclusione, Prandelli nella scelta dei convocati ha dato più peso a quanto espresso dal campionato appena terminato rispetto a quanto offerto nelle eliminatorie: per tutti, si prenda Di Natale, “rispolverato” grazie al titolo di capocannoniere indigeno di Serie A ma con nessuna presenza, nemmeno in panchina, durante le qualificazioni.

Alla luce di quanto esposto, non stupisce il crollo dei 3 indici dalla lista teorica alla reale, arrivati ai minimi storici: l’IL scende dallo 0,800 allo 0,544, l’IG dallo 0,861 allo 0,628 e l’IT dallo 0,909 allo 0,673. In termini immediati, mediamente in una gara eliminatoria, dei 23 convocati, 12,5 sono in lista, 8,6 giocano e 7,4 da titolari.



La formazione titolare


Il 4-3-3 proposto è usato da Prandelli solo nelle prime uscite; dopo uno sporadico 4-4-2, il CT si consolida sul 4-3-1-2, con una mezza punta “estemporanea” quale Montolivo (dopo i primi esperimenti con Aquilani e Mauri). Poiché fra gli 11 più “titolari” compaiono 5 difensori, è necessario ricorrere al 12°: così a Maggio subentra Pazzini, creando il tridente. Ancora una volta la formazione è “irreale”, dove solamente i 3 di centrocampo sono partiti contemporaneamente in 3 gare. Della spedizione polacco-ucraino non fanno parte Cassani e Pazzini, per scelte tecniche, e Rossi, alle prese con il primo dei gravissimi infortuni che ne costellano la carriera.

Curiosamente gli indici sono quasi gli stessi del 2010: l’IG è identico (0,718), l’IT aumenta di un millesimo (0,655) mentre è più sostenuto l’incremento dell’IL (0,800).

Fase finale

Scenario

Spassosissima più del solito la stampa sportiva, interrogandosi sul futuro di Prandelli in caso di fallimento a Euro 2012: in pratica, mettendo in dubbio la conferma per Brasile 2014 dell’uomo che ha compiuto il “miracolo” di qualificarci in Polonia/Ucraina. Tuttavia, l’avventura parte non esattamente bene: il sorteggio dice male, consegnando l’Italia, quale squadra di seconda fascia, al Gruppo C con Spagna di prima e Croazia di terza; solo col “materasso” si è fortunati pescando l’Irlanda di Trapattoni, nettamente la più debole delle 16 finaliste.

I dubbi del CT si ripercuotono negativamente sulle prime due uscite: abiurato il 4-3-1-2 per un inedito 3-5-2, più della qualità del gioco gravano i risultati ottenuti, due 1-1 contro le avversarie più forti. Per la terza volta consecutiva agli Europei, l’Italia arriva alla terza giornata a rischio “biscotto”, potendo il 2-2 fra Spagna e Croazia eliminare gli Azzurri a prescindere dal risultato contro la già estromesse Irlanda. Prandelli cambia, stavolta definitivamente, il modulo iniziale presentando il 4-1-3-2 e l’Italia ingrana vincendo 2-0 e passando il turno grazie alla vittoria delle Furie Rosse. 

Quarti e semifinali sono l’acme del torneo italiano, eliminando nell’ordine Inghilterra (ai rigori ma dopo 120’ di predominio) e soprattutto Germania, giunta al penultimo gradino avendo vinto tuttr r e 14 le gare fin lì disputate (!!). Qui, purtroppo, l’Italia svanisce: in finale Prandelli è nuovamente preso d’assalto dalle sue paure, cui risponde ora in modo diametralmente opposto, con una conferma globale, estesa (ahimè!) anche a chi è in precarie condizioni fisiche, tipo Chiellini e Thiago Motta, con l’italo-brasiliano “paradigmatico”: entrato al 57’ come terzo e ultimo cambio, s’infortuna nel giro di qualche minuto lasciando l’Italia in 10. Ma l’intera squadra appare svuotata di energie, anche mentali, e il pesante 4-0 inflittoci da una spietata Spagna (vendetta per i sospetti di combine coi croati?) ne è amaro testimone, chiudendo nel modo peggiore un torneo nel complesso positivo, con tanto di Balotelli capocannoniere (in larghissima compagnia) e inserito nei 23 della rosa ideale della manifestazione assieme ad altri 3 azzurri (Buffon, De Rossi e Pirlo).



Quadro sinottico


Evidente il blocco granitico su cui poggia Prandelli: in 10 saltano al massimo una gara mentre in 7 timbrano il cartellino a ogni uscita. Di questi ultimi, Bonucci e Balotelli una volta partono dalla panchina, mentre De Rossi e Cassano subiscono dei cambi (addirittura FantAntonio non finisce mai una gara!), per cui i “sempre presenti” sono tre: accanto all’immaginabile Buffon in porta, troviamo i centrocampisti Marchisio e Pirlo.

L’incetta di “aranci” e “celesti” operata da Prandelli ha effetti ridotti: nei 10 in testa al quadro sinottico, vi sono appena due non “blu”, Balotelli e Di Natale, ma l’udinese parte solo una volta titolare. Di fatto, oltre a SuperMario, è esclusivamente Barzagli a ritagliarsi spazi importanti, con Abate che si divide la fascia destra difensiva con Maggio, Giaccherini accantonato quando si abbandona il 3-5-2, e Diamanti e Giovinco buoni solo a partita in corso, mentre De Sanctis (prevedibile dato il ruolo), Borini e Ogbonna (un novello Matteo Ferrari?) non vedono mai il campo.

La formazione titolare


Esattamente come nelle eliminatorie, la formazione tipo deve utilizzare il 12° titolare per essere “credibile”, seppur ancora “irreale”, non essendo Prandelli mai partito con 5 difensori: lo “scambio” Abate-Thiago Motta presenta un 4-1-3-2, effettivamente il modulo più usato, che è sostanzialmente (con l’oriundo al posto di Montolivo) lo schieramento contrapposto alla Germania, la partita italiana più bella del torneo, dove Balzaretti è impiegato eccezionalmente a destra. La presenza di Barzagli e Balotelli conferma come questi siano i 2 innesti “celesti” meglio riuisciti.
Rispetto alle eliminatorie, lo schema è più coperto, e se Barzagli e Balotelli hanno rilevato, rispettivamente, Cassani (con qualche “rigiro” interno nel quartetto difensivo) e Pazzini, per “coprire” Giuseppe Rossi si è ricorso a Marchisio, mentre Montolivo perde il posto a favore di Thiago Motta.
Nonostante quanto detto finora, i due indici si pongono a metà strada con quelli visti finora: l’IG è 0,909 mentre l’IT è 0,833.

Appuntamento a lunedì 4 aprile per il prossimo appuntamento dedicato ai mondiali di Brasile 2014.




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